Tratta dal Diario di prigionia di Giovanni Ansaldo (Bologna,
Il Mulino, 1993, p. 391-392.) E' uno spaccato singolare sul popolo germanico.
Descrive lo svolgimento di una Santa Messa in latino. Siamo in Germania a Dalum
il 27 maggio 1945. L'autore detenuto in un campo di prigionia era in attesa del
rimpatrio in Italia, ove lo attendevano cose poco liete, essendo egli assai
compromesso con il regime fascista.
Citazione, da cui ciascuno può trarre da sé le
considerazioni che preferisce:
Stamani, per farmi animo ... ho voluto associarmi a ... che
andavano a sentire la Messa
a Dalum ... È bellissima la funzione cui mi fu dato di assistere a Dalum. Nella chiesa romanico-novecentesca, c’era Messa cantata.
Quale serietà! Quale decoro liturgico! Quale impegno di
tutti, celebrante e assistenti!
All’Altare il sacerdote cantava i suoi “pezzi” in un latino
un po’ duro, ma modulato con tutta la diligenza possibile; ed era assistito da
quattro chierici esemplari, precisissimi e attentissimi nei loro movimenti e
nelle loro risposte, e di una sincronicità di movimenti che faceva venire in
mente la sincronicità di quattro sentinelle tedesche, alla porta di qualche
Oberkommando.
Certi inchini dinanzi al Santissimo, certe genuflessioni,
fatte senza risparmio di olio di ginocchia, e di olio di fil della schiena; un
po’ duretti, ma schietti, risoluti, “convinti”, come i movimenti di reclute in
piazza d’armi.
E assistente alla funzione, un pubblico dello stesso stile.
Tutte e due le file di panche, gremite, senza che nessuno fosse pigiato. A
destra i bimbi e gli uomini, a sinistra le donne; tutti decorosi e puliti abiti
da festa, molti giovanetti, figli di contadini, col loro libretto di preghiere
bene in vista, non dissimulato in tasca; e certi canti corali a piena voce,
analoghi in tutto ai canti di marcia dei reggimenti; mi colpì soprattutto un
Credo recitato in coro, con accento mirabilmente risoluto.
Compostezza massima di tutti; e una disciplina nel muoversi,
che faceva ben sentire l’irresistibile necessità di quella razza di
zusammenmarschieren, di marciare insieme sia per le strade del mondo, sia sulle
strade del Paradiso.
Quando è il momento di accostarsi all’altare per la Comunione, non succede
affatto quell’andirivieni caratteristico delle chiese italiane; un prete
assistente fa un piccolo segno, come lo potrebbe fare in una rivista un
caporale, e i comunicandi, banco per banco, si alzano e si accostano
all’altare.
Noi – siamo in parecchi, che assistiamo alla funzione –
diamo scandalo; senza volerlo, senza rendercene conto. Parecchi di noi parlucchiano,
escono di chiesa a metà Messa, si spostano da un punto all’altro della chiesa;
i fedeli tedeschi guardano questa confidenza con le cose sacre, questo modo di
trattare familiarmente Domineddio, con una specie di meraviglia... Questa
funzione, osservata bene, apre uno spiraglio per vedere il carattere tedesco; e
tutta la serietà fondamentale e terribile di questo popolo.
In genere, tutti i miei colleghi, per quanto poco riflessivi
e molto ignoranti, ne restano ammirati. Io ne rimango commosso; e vorrei, in
fondo, che i miei figlioli avessero la fortezza d’animo e la serietà d’intenti,
il “ein ernstes Leben führen” che hanno questi garzonetti, che vedo dopo la Messa avviarsi alle loro
fattorie, col libro di preghiere in mano, biondi, diritti come fusi, vere
reclute del servizio militare in Paradiso...