
Di quelle dignità umane, che sono le più
sublimi, suol dirsi comunemente che dànsi in vita. Tuttavia, quanti in
qualunque secolo sono giunti a vedersi cader di mano lo scettro, e dopo avere
comandato alcun tempo ai popoli armati col titolo di monarchi, si sono ridotti
men che schiavi? Ma la dignità sacerdotale non è già di questa misera sorte.
Non v ' è forza creata né in cielo né in terra, che possa svellerla da chi una
volta fu con essa innestato al gran sacerdote Cristo che mai non manca: Tu es
sacerdos in aeternum. Se dopo esser morto, tornasse a risorgere un ammogliato,
non sarebbe più ammogliato, ma libero: e se tornasse a risorgere il padron di
una casa, non ne sarebbe più padrone: e se tornasse a risorgere il principe di
una città, non ne sarebbe più principe; perché questi legami e questi possessi
e queste preminenze non hanno forza di entrar nell’eternità: rimangono, tutti
al pari, di qua dal tempo. Solo il sacerdote, se risorgesse da morte, sarebbe
quel sacerdote ch'egli era prima, portando stampato indelebilmente nell'anima
il marchio illustre della sua dignità. Così pure estrinseca è tutta la podestà,
che godono vivi i re sopra i loro popoli, ond'è che possono rimanerne
spogliati, come del nome. Ma la podestà sacerdotale, non può levarsi, perché è
un pregio intrinseco, attaccato al fondo dell' anima, e non estrinseco di
dominazione. Idoneos nos fecit ministros
novi testamenti, dice san Paolo.
Padre Paolo SEGNERI sj in Il cristiano istruito nella sua legge,
Venezia 1687, pp. 232-233.